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Psicosi: un approccio cognitivo comportamentale

Terapia cognitivo-comportamentale delle psicosi: teoria e pratica

In principio, la CBT si basava sui principi e le strategie di intervento messe a punto in precedenza per affrontare patologie quali ansia e depressione. Già negli anni Cinquanta Aaron Beck aveva elaborato un trattamento per un paziente psicotico adottando un approccio cognitivo, tuttavia, a parte questo episodio isolato, successivamente la ricerca in questo ambito cadde nell’oblio per decenni e venne largamente trascurata a favore di altri settori. Solo dopo che la terapia cognitiva si consolidò nel trattamento di ansia e depressione, negli anni Novanta, la ricerca per il trattamento psicologico in ambito di disfunzioni psicotiche acquistò forza, di nuovo con Beck a fare da pioniere.

È stato appurato che trattamenti farmaceutici non siano in grado di agire a fondo, lasciando dei sintomi persistenti e negativi, nel 60% dei pazienti psicotici, nonostante vengano seguite alla lettera le indicazioni terapeutiche. Inoltre, la conformità dei trattamenti farmaceutici rimane uno dei maggiori problemi nonostante l’introduzione di antipsicotici moderni ad atipici. Recenti studi hanno dimostrato come i trattamenti si rivelino discontinui nel 74% dei pazienti sia in fase di mantenimento che di cura.

L’evidenza dell’efficacia relativa alla terapia cognitivo comportamentale CBT nel trattamento di pazienti affetti da sintomi persistenti di schizofrenia acquista sempre più consistenza e sta progredendo tramite le prove empiriche derivanti da studi, anche in serie e test senza pianificazione, ma condotti con un metodo, spesso randomico, su pazienti nello stadio finale acuto o cronico all’interno dello spettro di sviluppo della schizofrenia. Le seguenti meta analisi ed i controlli sistematici hanno provveduto a fornire un’ulteriore conferma alla validità della terpaia cognitivo comportamentale.

La terapia cognitivo comportamentale CBT ha conquistato attualmente il riconoscimento come effettivo metodo di intervento nel trattamento della schizofrenia allinterno delle linee guida cliniche vigenti negli Stati Uniti ed in Europa. Nonostante la base empirica ad avvalorarne l’efficacia congiuntamente all’assenza di qualsivoglia effetto collaterale, l’accessibilità a questo tipo di trattamento all’interno della comunità scientifica rimane molto precario. In questo articolo verranno esaminate le procedure della terapia cognitivo comportamentale CBT nel trattamento della psicosi, l’evidenza della sua efficacia e le implicazioni per gli psichiatri che la praticano.

PROCEDIMENTO

Le tecniche di terapia utilizzate per i pazienti affetti da schizofrenia si basano sui principi generali della terapia cognitivo comportamentale CBT secondo la quale devono essere, innanzitutto, stabilite delle associazioni tra pensieri, sensazioni e azioni allinterno di unatmosfera di gruppo collaborativa e di apertura. Successivamente alla fase propedeutica vengono stabiliti dei compiti da rispettare, generalmente con un impostazione più flessibile rispetto alla terapia cognitivo comportamentale messa a punto per il trattamento di patologie di natura differente. La durata del trattamento varia secondo le esigenze specifiche del singolo soggetto, oscillando in un range che comprende tra le 12 e le 20 sedute, ma spesso implicando delle sedute successive di mantenimento e potenziamento dei risultati. La CBT o terapia cognitivo comportamentale indirizzata alla cura delle psicosi elabora i pensieri dei soggetti nelle fasi seguenti.

Valutazione

La fase di valutazione comincia con l’invitare il paziente ad esprimere i propri pensieri rispetto alle esperienze mentre il terapista ascolta in maniera attiva. Il ricorso a scale di valutazione – dia specifiche che generiche – è fortemente caldeggiato in questo momento specifico della terapia in quanto facilita il monitoraggio dei progressi parallelamente ad una valutazione dei risultati che vengono in tal modo condivisi tra paziente e terapista. Diagrammi e documenti scritti possono risultare perfino più funzionali in particolare nei casi in cui il trattamento si rivolge a pazienti con uno stile di vita sregolato. Le formulazioni diagnostiche rispetto alle cause dei sintomi ed il mantenimento possono altresì essere condivise col paziente e consentono alla terapia di procedere ed evolversi in funzione delle informazioni aggiuntive.

Fase di coinvolgimento

Nel primo momento di questa fase il terapista provvederà a chiarire in cosa consiste il trattamento e quali sono i suoi passaggi (compreso il metodo sicuro e collaborativo di scavo nel profondo per risalire alle cause dello stress). Durante la terapia, il metodo dellinvestigazione socratica acquista grande rilievo. Quest’ultima include l’esplicitazione del punto di vista del soggetto rispetto ad una determinata situazione e della maniera di reagire ed affrontare l’evento attraverso un processo di scoperta guidata. I vari tentativi vengono intrapresi con il proposito di stabilire un rapporto empatico con la prospettiva unica e soggettiva del singolo paziente circa i sentimenti di stress provati e segue il principio di massima flessibilità. A supporto della massima di adattabilità adottata dal terapista, di frequente si ricorre al modello di vulnerabilità-stress in maniera tale che il paziente possa giungere a comprendere come la vulnerabilità sia in realtà un concetto dinamico che può subire influenze da parte di diversi fattori, come gli eventi della vita, i meccanismi di reazione o malattie fisiche. Il terapista, infine, ribadisce a più riprese come il ruolo da lui rivestito non garantisce affatto laccesso a tutte le risposte, né, tantomeno, ad una verità suprema sul disturbo, ma, piuttosto, sottolinea come i suoi metodi possano fornire delle spiegazioni utili in grado di poter essere sviluppate attraverso un iter collaborativo e come, dunque, dipendano dal rapporto bidirezionale stabilito col paziente stesso. I fattori non specifici terapeutici quali il calore empatico, la genuinità, l’ironia ed i massimi principi che reggono e subentrano in questo tipo di terapia, cono quelli comuni a qualsiasi altro tipo di approccio terapeutico.

Modello ABC. I 6 passaggi

Il modello cosiddetto ABC, sviluppato originariamente da Ellis ed Harper, può essere utilizzato per fornire al paziente degli utili strumenti per organizzare le esperienze confuse. All’interno del suo procedimento rientra la guida del paziente verso un percorso lento a mirato attraverso diversi livelli tramite il metodo dellinvestigazione socratica, utile ai fini di far emergere i legami esistenti tra lo stress emotivo esperito dal paziente ed il portato di convinzioni che giace inconsciamente oltre tali prospettive sugli eventi.

L’iter si sviluppa come segue:

      1. Si esordisce con la stima da parte del paziente dell’intensità dello stress, su una scala di valutazione da 0 a 10 (A).
      2. La conseguenza dello stress (C) viene valutata e scissa tra componente emotiva e comportamentale Cs.
      3. Il paziente fornisce la propria spiegazione rispetto ai fattori scatenanti dell’evento (As) quali potenziali cause delle conseguenze C ed il terapista assicura che gli eventi da lui riportati, non siano in assoluto suscettibili di interpretazione alcune, né, tantomeno , sottoposti a giudizio, ma semplicemente ricevuti così come espressi.
      4. Il terapista fornisce un riscontro al paziente in maniera tale da fornirgli un chiarimento rispetto alla connessione esistente tra A-C.
      5. Il terapista valuta le convinzioni del paziente, le pondera ed immagina e comunica al paziente come i significati personali mostrino delle lacune nei legami esistenti tra A-C stabiliti dal modello attraverso dei semplici esempi che facilitino la comprensione della tesi.
      6. Le convinzioni del paziente (B), che si rivelano essere, in realtà, la causa primaria di C, vengono, infine discussi; spesso, quest’ultimo passaggio è quello in cui si procede alla razionalizzazione e B come “nessuno mi apprezzerà mai se dovessi confidare ciò che sento, le mie voci interiori” può subire un cambiamento di paradigma ed essere interpretato come “Non posso pretendere di piacere a tutti. Alcune persone mi apprezzeranno, altre no. Forse qualche amico potrà perfino trovare interessanti le mie voci”. Questa mutazione prospettica porterà alla trasformazione di B in C e, dunque, meno alienazione ed isolamento nella propria tristezza.

Schizofrenia: Note a margine di un caso clinico di psicosi

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