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La psicoterapia nell’era del digitale

Note riflessive sulla psicoterapia online

Digital health o e-health

Una riflessione sulla relazione tra sviluppo tecnologico e salute ci porta a focalizzare l’attenzione sull’emergere nella post-modernità di una nuova prassi in ambito sanitario. Si è iniziato a parlare di telemedicina negli anni ’70 del secolo scorso, con riferimento all’uso della tecnologia per assistere un paziente quando non era possibile operare in presenza. La telemedicina ormai fa parte di un cambiamento intrinseco e più ampio conosciuto come digital health o e-health, definito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) come l’uso di tecnologie informatiche e di telecomunicazione (Information communication technology, ICTs) a vantaggio della salute umana. L’OMS/WHO descrive così l’e-health: “L’e-health prevede l’utilizzo delle telecomunicazioni e delle tecnologie virtuali per fornire assistenza sanitaria al di fuori delle strutture sanitarie tradizionali. La telemedicina, che richiede solo l’accesso alle telecomunicazioni, è il componente più semplice dell’e-Health, che utilizza una più ampia gamma di tecnologie di informazione e di comunicazione (ICTs)”.

Esempi di e-health comprendono l’assistenza sanitaria virtuale a casa, dove pazienti come i malati cronici o gli anziani possono ricevere sostegno in determinate procedure, rimanendo a casa. L’e-health ha inoltre agevolato la comunicazione tra operatori sanitari in ambienti remoti e professionisti per ottenere indicazioni nelle diagnosi, cure e nel trasferimento di pazienti. Sempre più anche la formazione può essere conseguita con tecnologie che utilizzano il computer e Internet. I sistemi di e-health adeguatamente progettati possono migliorare l’accesso e i risultati dell’assistenza sanitaria, in particolare per il trattamento di malattie croniche e per i gruppi vulnerabili. Non solo riducono la richiesta di assistenza in strutture già affollate, ma favoriscono un risparmio delle spese e rendono il sistema sanitario più flessibile.

Anche in Italia le linee di indirizzo nazionali emanate dal Ministero della Salute già nel 2010 sono molto chiare e lineari nel definire i ruoli e i compiti dell’assistenza sanitaria online: “Per Telemedicina si intende una modalità di erogazione di servizi di assistenza sanitaria, tramite il ricorso a tecnologie innovative, in particolare alle Information and Communication Technologies (ICTs), in situazioni in cui il professionista della salute e il paziente (o due professionisti) non si trovano nella stessa località. La Telemedicina comporta la trasmissione sicura di informazioni e dati di carattere medico nella forma di testi, suoni, immagini o altre forme necessarie per la prevenzione, la diagnosi, il trattamento e il successivo controllo dei pazienti.” La Commissione Europea, nelle Politiche dell’Unione Europea per la Salute Pubblica, spiega che l’assistenza sanitaria online: “si basa su strumenti e servizi che utilizzano le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICTs) per migliorare le attività di prevenzione, diagnosi, terapia, monitoraggio e gestione. Ciò può portare vantaggi per l’intera collettività, migliorando l’accesso alle cure e la loro qualità; accrescendo l’efficienza del settore sanitario fa ricorso a: scambio di dati e informazioni tra pazienti, operatori sanitari, ospedali, medici e reti di informazione in campo sanitario, cartelle cliniche in formato elettronico, servizi di telemedicina, dispositivi portatili per il monitoraggio del paziente, programmi informatici per la gestione della sala operatoria, interventi chirurgici assistiti da robot e ricerca blue-sky sull’essere umano biologico e virtuale.”

Ottenere la migliore diagnosi e cura è un diritto di tutte le persone indipendentemente da dove vivono. Un beneficio indubbio connesso all’uso delle nuove tecnologie è la capacità di annullare le barriere architettoniche e quindi di essere un validissimo strumento di assistenza e intervento per persone con problematiche legate alla disabilità e per le persone che vivono in zone remote, come per esempio in alta montagna, sulle isole o in aree con scarsa copertura ospedaliera, e con la difficoltà a raggiungere i centri nevralgici di interesse e le risorse sanitarie.  L’accessibilità è legata alla dematerializzazione del luogo e spesso degli orari di un servizio; ciò apre alla possibilità di intercettare quelle domande legate a categorie di lavoratori atipici quali i viaggiatori, i lavoratori notturni, i militari in missione, i connazionali che vivono all’estero o che si trovano all’estero per viaggio, le persone che lavorano sulle navi o sulle piattaforme petrolifere, e  tutte le persone che per motivi fisici, familiari o lavorativi non possono spostarsi dalla propria città di residenza. ecc.). Indipendentemente dalle distanze la digital health può essere un ottimo strumento per accelerare il processo di diagnosi e cura, ridurre lo stress e il disagio, là dove è possibile, senza doversi recare nelle strutture sanitarie. In numerosi casi, l’operatore sanitario può dare indicazioni e contribuire al percorso diagnostico-terapeutico, senza dover necessariamente incontrare il paziente in prima istanza, basandosi quindi sulla storia clinica raccontata o raccolta dal paziente stesso (sintomi, disturbi, segni), sugli esami già effettuati (referti e immagini diagnostiche) e sulla cartella clinica. Inoltre, accade sempre più spesso che i pazienti abbiano la necessità di una “second opinion” o che, incontrando difficoltà nel proprio percorso diagnostico terapeutico, scelgano di affidarsi alla digital health specialistica per ottenere un parere medico qualificato da remoto e in tempi brevi. Può essere altrettanto utile come strumento di pre-visita, là dove il paziente ottiene precise indicazioni su quali documenti, referti o esami devono essere eseguiti e portati davanti al medico in visita. Inoltre, può essere un valido dispositivo per inviare al medico gli esami richiesti durante una visita e ottenere il parere definitivo. La digital health accorcia le distanze e porta virtualmente la prestazione sanitaria a casa propria e consente ai pazienti di poter chiedere un parere specialistico anche a operatori sanitari che esercitano in altre regioni o nazioni, senza dover affrontare alcun viaggio. In questa prospettiva la digital health non deve essere vista solo come una modalità con cui la tecnologia digitale ci assiste nella pratica clinica, ma deve divenire uno strumento per realizzare una sanità incentrata sulle tecnologie digitali e, in quanto tale, da ristudiare e riprogrammare. Per arrivare a questo occorre fare un cambiamento culturale importante verso il quale il Covid-19 ci ha involontariamente instradato.

Un beneficio indubbio connesso all’uso delle nuove tecnologie è la capacità di annullare le barriere architettoniche e quindi di essere un validissimo strumento di assistenza e intervento per persone con problematiche legate alla disabilità e per le persone che vivono in zone remote e con difficoltà di raggiungere dei centri nevralgici di interesse e risorse.  L’accessibilità è anche legata alla dematerializzazione del luogo e spesso degli orari di un servizio e ciò apre alla possibilità di intercettare quelle domande legate a categorie di lavoratori atipici quali i viaggiatori, i lavoratori notturni, i militari in missione, ecc.).

 

Attualmente la digital health sta prendendo piede soprattutto in oncologia, in cardiologia, in pediatria, in psicologia, in radiologia, in pneumologia, in dermatologia, in neurologia, in ortopedia e in oculistica. La digital health porta grossi vantaggi anche nel monitoraggio di patologie croniche, nel follow up e nel tenere informato l’operatore sanitario sull’evoluzione clinica del paziente, nella riabilitazione dei malati, nella ricerca di specialisti in malattie rare, nonché nelle situazioni di emergenza.

Digital health e psicoterapia

Le­ ­nuove ­tecnologie­ hanno ­radicalmente­ modificato ­il ­nostro stile­ di ­vita, ­il­ nostro modo ­di ­relazionarci­ con gli altri, di vivere le­ emozioni e­ di ­progettare ­la nostra ­vita.­­ Si­ tratta ­di ­una ­trasformazione­ epocale ­in quanto ­avvenuta­ nell’arco ­di pochi­ anni.­ Dovere di uno psicoterapeuta,­ in qualità di professionista che ­fa­ della­ relazione­ con l’altro­ la base ­del suo ­intervento, è ­quello di ­conoscere ­e­d anticipare ­gli ­eventi, immaginando ­come­ sarà ­la ­società­ nel­ suo insieme ­tra qualche ­anno,­ e, ­in­ particolare­, come­ saranno ­le ­reti­ sociali ­di­ assistenza­ e tutela­ della­ salute.­

Una ­professione­ moderna, necessariamente, migliora continuamente e si­ conforma ­alle ­risorse che ­la tecnologia fornisce,­ senza ­perdere di vista ­i principi deontologici e clinici ­che ­l’hanno ­resa possibile. I nuovi media stanno sconvolgendo totalmente le nostre abitudini e regole in ogni ambito dello scibile umano; è una rivoluzione che necessariamente ci vede coinvolti, sia in qualità di spettatori sia di attori, con rilevanti responsabilità sul futuro della professione. Le nuove tecnologie a nostro avviso rappresentano una direttrice di sviluppo e nello stesso tempo sono lo spazio entro il quale si sta realizzando un confronto generazionale.

L’analisi dell’intervento psicologico mediato dalle nuove tecnologie riveste una importanza strategica per molteplici motivi e implicazioni; la psicoterapia online presenta delle caratteristiche di novità tali da richiedere un’approfondita analisi epistemologica, deontologica e pragmatica. L’Homo Technologicus è contraddistinto dalla capacità di anticipare e programmare le proprie azioni in vista di uno scopo e di mediare attraverso i suoi artefatti (tecnologie umane) il rapporto con il suo ambiente; relazione caratterizzata dalla mediazione attraverso la costruzione di artefatti tecnologici: dalle punte di freccia in ossidiana sino ai più attuali smartphone.

La costruzione di strumenti quale prodotto dell’opponibilità dei pollici è alla base della nostra possibilità di controllare e gestire il mondo circostante, in quanto tali artefatti hanno la funzione di estendere la nostra biologia oltre i limiti: l’ossidiana e l’arco per cacciare, il fuoco per la luce e il calore, i segnali di fumo per comunicare, sino alle chat e alla videoconferenza per abolire le distanze nel mondo. La natura dei nostri artefatti non è solo materiale ma anche simbolico-concettuale. Siamo in grado di interagire con il nostro mondo mediante rappresentazioni simboliche dello stesso (per esempio, attraverso una mappa geografica del territorio). Secondo (McLuhan, 1989) i media elettronici sono un prolungamento del nostro sistema nervoso che avvolgono il pianeta. Inoltre, come il cognitivismo post-razionalista ci ricorda noi esseri umani abitiamo costantemente una molteplicità di mondi reali e imaginari o quantomeno ne abbiamo la continua potenzialità. Ciò dipende dal fatto che il nostro rapporto con la realtà anche quando l’unica rappresentazione è la nostra, quella resa possibile dai nostri processi sensori-motori, è sempre in un certo qual modo virtuale in quanto soggettiva, essendo filtrata dalle nostre precedenti esperienze e frutto di una costante transazione e costruzione linguistico-sociale. Nel 2011 l’Economist ha stimato che il 90% dei dati circolanti sulla Terra erano stati generati nei due anni precedenti, e che solo il 2% del totale era immagazzinato su supporti non digitali; nel 2000 i formati analogici riproducevano ancora due terzi dell’informazione universale (Human-Higway, 2015). La digitalizzazione è l’esito di un complesso sviluppo delle tecnologie informatiche: l’informatizzazione delle informazioni.

In alcune professioni come, ad esempio, quella psicoterapeutica, la rete ha prodotto un fenomeno nuovo: la possibilità di svincolare terapeuta e paziente dall’incontro vis-à-vis, determinando una vera e propria rivoluzione nella prassi dell’intervento. La rete viene a corrispondere a uno spazio altro, un medium non ancora del tutto definito, in alcuni casi una estensione dello spazio abituale.  Il web con le sue caratteristiche di multimedialità permette di funzionare da contesto materiale, spazio o ambito di esercizio della relazione tra gli attori. In questo caso il web diventa il luogo dell’esercizio e della prestazione dello psicoterapeuta. Entro questa cornice il ruolo svolto dalle nuove tecnologie di comunicazione è prevalentemente ausiliario, cioè costituisce un tramite, un canale, un luogo, uno strumento, attraverso il quale un terapeuta ed un paziente si interfacciano in vista dei loro scopi. Con prestazione psicoterapeutica ci riferiamo a una azione professionale che tramite la relazione, è finalizzata a produrre una valutazione oppure a promuovere un cambiamento/miglioramento sulla base delle esigenze/attese/domande, espresse dal paziente. L’intervento psicoterapeutico mediato dal web si realizza attraverso tre modalità prevalenti di comunicazione: video, telefono e testuale (sms, IM, e-mail, ecc.). L’attuale banda larga ci permette una diffusione sempre maggiore delle prestazioni psicoterapeutiche condotte in video-sedute che, al momento, rappresentano la modalità preferenziale.

Chi è nato prima degli anni ’90 quando pensa o parla del web quale fenomeno sociale, lo fa dividendo la realtà in due, contrapponendo cioè il mondo virtuale della rete a quello reale della piazza. Questa distinzione trova una sua congruenza sino alla generazione definita dei nativi digitali. La separazione tra reale e virtuale viene a perdere di significato in questa generazione, dove conoscere ed esplorare il mondo coincide con il tocco e lo scorrimento di pagine web su uno schermo, e dove la socialità prodotta da Facebook, WhatsApp o Instagram è completamente in continuità con quella lasciata, un momento prima, nella piazza tradizionale o in classe. Ciò anche in considerazione che ciò che noi consideriamo reale non è una copia fotografica del mondo esterno ma una sua ricostruzione operata dal nostro sistema cervello-corpo. Uno degli aspetti caratterizzanti questa nuova modalità di rapporto terapeuta/paziente è costituita dalla possibilità di liberare l’intervento dalla co-presenza corporea (dalla condivisione dello stesso spazio fisico), mediandolo attraverso la tecnologia. Tramite il medium digitale viene annullato lo spazio consentendo così di separare l’intervento dalla condivisione del medesimo ambiente. Il più grande stravolgimento prodotto dalle nuove tecnologie nel campo della psicoterapia è proprio questo: l’intervento non coincide più inevitabilmente con la condivisione dello stesso spazio fisico, spazio e intervento sono interdipendenti.

Nella maggior parte dei casi, la scarsa familiarità degli strumenti digitali è alla base di un atteggiamento acriticamente pregiudiziale nei confronti delle nuove tecnologie. «All’inizio la gente rifiuta di credere che una nuova cosa strana possa essere fatta, poi iniziano a sperare che possa essere fatta, poi vedono che è possibile farla – poi è fatta e tutto il mondo si chiede perché non è stata fatta secoli prima» (Frances Hodgson Burnett, 1921) Diventa proficuo riflettere su come la tecnologia sia diventata parte integrante della quotidianità e come tale debba essere presa in considerazione nel rapporto terapeutico costruito nel contesto contemporaneo. Gli strumenti messi a disposizione dal progresso tecnologico devono esseri considerati come facilitatori; secondo un approccio funzionale rappresentano soluzioni efficaci a problemi che possono essere frequenti nel lavoro dello psicoterapeuta contemporaneo.

La familiarità con le nuove tecnologie è sicuramente influenzata dal loro utilizzo nella nostra quotidianità, ma anche dalla comprensione di come potrebbero essere impiegate al servizio della professione psicoterapeutica. Per esempio, un aspetto utile al terapeuta e il fatto che “ci si osserva” al lavoro, nello schermo abbiamo anche il nostro volto proiettato. Questa è una percezione diversa dall’Io osservante che attiviamo solitamente in seduta, è una percezione di Sé più diretta e svelata, alla quale non siamo forse così abituati e anche questo credo implichi un ulteriore faticoso lavoro di auto-analisi. Pur caratterizzata da limiti di carattere tecnico, la terapia online non deve consistere solo nel parlare. La maggior parte degli strumenti software dispone di una lavagna che è possibile utilizzare per lavorare insieme su esercizi, sequenze temporali o disegni.

Già nel 2016, Gerard Andersson del Dipartimento di Neuroscienze Cliniche di Stoccolma ha pubblicato un imponente lavoro di review in una delle riviste internazionali più rinomate, la Clinical Psychology Review. In questo studio, l’autore ha raccolto i risultati degli ultimi 15 anni riguardo agli interventi psicologici e psicoterapeutici condotti via internet, i quali si sono rivelati efficaci per un ampissimo spettro di condizioni psichiatriche e di sintomatologie somatiche in più di 100 studi controllati (randomized controlled trial, RCT).

La pandemia da COVID-19, e le conseguenti misure di lockdown adottate in quasi tutti i Paesi del globo, hanno fatto crescere esponenzialmente gli utenti registrati ai vari servizi di videoconferenza e videochat, rendendo la psicoterapia online più fruibile da un numero maggiore di pazienti. L’emergenza sanitaria del Covid-19 ci ha obbligati ad un radicale cambiamento sia del nostro stile di vita come persone sia delle nostre procedure cliniche come psicoterapeuti. La prima fase temporale di questa emergenza è stata caratterizzata da una grande confusione personale e professionale. Ci siamo posti inizialmente una serie di domande su come affrontare le ricadute problematiche sul nostro lavoro clinico, da un punto di vista del setting, procedurale e, perfino, economico. Le preoccupazioni maggiori riguardavano soprattutto con quali pazienti fosse possibile effettuare efficacemente delle video-sedute e che tipo di esito questo cambiamento avrebbe avuto sulla relazione terapeuta-paziente. Il Covid-19 non ci ha lasciato troppe scelte o il tempo per dettagliate riflessioni, fortunatamente la letteratura scientifica sull’argomento ci ha spianato la strada, segnalandoci i vantaggi che possiamo ricavare dall’E-therapy nonché i limiti a cui prestare attenzione. Al di là dell’emergenza pandemica vi sono state situazioni cliniche (per esempio, pazienti allettati, oncologici, ecc.) in cui la psicoterapia non è praticabile vis-à-vis; quindi, piuttosto che rinunciare è meglio seguire l’opzione di fidarci e praticarla a distanza con l’uso di strumenti tecnologici, introducendoli nel setting della psicoterapia. Ritengo che questa sia una scelta molto valida e condivisibile, sul piano deontologico e professionale, soprattutto alla luce del feedback positivo ricevuto dai pazienti. Sovente persone chiedono di avere un aiuto psicologico ma sono fisicamente impossibilitate, per condizioni di lontananza geografica o per motivi di salute o per altri impedimenti, a sottoporsi a sedute psicoterapeutiche in presenza.

In questi ultimi anni, sono stati compiuti molti progressi nello sviluppo e nella sperimentazione di trattamenti psicologici forniti in Internet. In particolare, i trattamenti Internet guidati dal terapeuta si sono rivelati efficaci per un’ampia gamma di condizioni psichiatriche e somatiche. Questi trattamenti richiedono (a) una piattaforma web sicura, (b) solide procedure di valutazione, (c) contenuti terapeutici che possono essere basati su testo o offerti in altri formati e (d) un ruolo del terapeuta diverso da quello vis-à-vis. Gli studi suggeriscono che i trattamenti su Internet possono essere efficaci quanto i trattamenti in presenza, portano a miglioramenti duraturi, operano in condizioni clinicamente rappresentative e probabilmente sono convenienti. Nonostante questi risultati della ricerca, il trattamento su Internet non è ancora diffuso nella maggior parte dei paesi e gli psicoterapeuti dovrebbero considerare l’utilizzo di moderne tecnologie digitali e programmi di trattamento basati sull’evidenza come complemento alle loro prestazioni in presenza, anche se ci saranno sempre pazienti per i quali il trattamento vis-à-vis rimane l’opzione migliore.

In Italia, il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi (CNOP) ha pubblicato le Linee Guida per la Digitalizzazione della professione e dell’intervento psicologico mediato dal web. Oltre ad offrire un ampio scenario dello stato dell’arte e indicazioni su applicazioni utili a integrare (e spesso snellire) il lavoro psicoterapeutico vis-à-vis. Vengono proposte, inoltre, una serie di raccomandazioni di best practice, di rispetto del codice etico e deontologico e sono evidenziati numerosi studi sull’efficacia degli interventi psicoterapici online. Sostanzialmente il CNOP ha raccomandato che la E-therapy deve effettuare interventi opportuni per lo specifico paziente e ha suggerito una buona conoscenza dello strumento informatico da parte del clinico, chiarezza per i sistemi di pagamento, una precisa modalità di consenso informato per la privacy.

È necessario capire quanto un nostro paziente, di cui abbiamo imparato a conoscere la gestualità, la mimica facciale e persino la sua distanza interpersonale preferita, sia indicato o meno per il passaggio al virtuale. È consigliato l’uso di piattaforme che, tra le altre cose, consentono oltre che condividere lo schermo con il paziente, mostrare slides e scrivere su fogli virtuali esattamente come se fossimo davanti ad una scrivania.

In una ricerca sul trattamento della depressione, non è stata trovata alcuna differenza significativa nella percezione dell’alleanza terapeutica tra i pazienti che avevano ricevuto una terapia vis-à-vis e quelli che avevano ricevuto una E-therapy (Apolinario-Hagen et al., 2015). Sempre parlando di depressione e disturbi d’ansia, Andersson e colleghi (2012) non hanno trovato alcuna correlazione significativa tra la qualità dell’alleanza di lavoro terapeutico e i risultati del trattamento. Anche la CBT online per il trattamento del disturbo da stress post traumatico ha mostrato dati che fanno ben sperare, mettendo in evidenza un’alleanza terapeutica positiva e stabile in campioni di pazienti trattati con l’internet-based CBT (Knaelvesrud et al., 2014). Un recentissimo studio preliminare di Femia e colleghi (2020) su un campione di 339 terapeuti ha indagato diverse aree, quali: l’adesione al setting telematico, la percezione di efficacia da parte del terapeuta, le differenze nei metodi e negli obiettivi rispetto alla terapia standard, il rischio di drop-out, le differenze sulla base dei tratti personologici e della sintomatologia presentata. La conclusione preliminare dello studio, certamente da approfondire, ad oggi riconduce i limiti della terapia online principalmente ad una maggior percezione di faticosità per il terapeuta a lavorare in questo tipo di setting e ad alcune specifiche caratteristiche del paziente (es. tipo di sintomatologia presentata).

La pratica della psicoanalisi a distanza (Rosenbaum, 1974; Carlino, 2010) fin dal suo inizio con la psicoanalisi per telefono (Saul, 1951) ha suscitato, da sempre, numerose perplessità e scetticismo. Questo nonostante Freud stesso avesse curato il famoso caso del “piccolo Hans” per lettera e attraverso la mediazione del padre del bambino e questa pratica sia stata adottata dall’IPA per la formazione degli psicoanalisti. Con l’avvento di Internet mandare un’e-mail o un sms al proprio terapeuta è un fatto sempre più comune e non solo per motivi amministrativi. Mentre alcuni non lo permettono queste modalità di comunicazione sono sempre più accettate come parte del modo naturale di relazionarsi delle nuove generazioni e molti psicoterapeuti non sono solo aperti a queste modalità ma, di fatto, hanno cominciato a teorizzare sui loro significati più ampi. Da un lato ci fidiamo delle innovazioni tecnologiche e dell’introduzione di nuovi media come modo naturale di relazionarsi delle nuove generazioni e come modalità di comunicazione che apre nuove strade teorico-cliniche, ma dall’altro c’è una notevole diffidenza che dietro queste innovazioni ci sia il tremendo potere delle logiche del consumo e degli affari. In generale, letteratura fornisce un messaggio positivo sia sui tipi di condizioni cliniche su cui implementare interventi online, sia su come approfondire il delicato tema dell’alleanza terapeutica.

Le prestazioni psicologiche e psicoterapeutiche on line (dalla valutazione sino alla terapia) nel mondo sono diventate una pratica di largo uso e con un ampio tasso di diffusione e penetrazione. In Stati Uniti tali pratiche risalgono addirittura ai primi anni ’70; attualmente solo negli States è più del 30% la percentuale di psicologi e psicoterapeuti che offrono una qualche forma di consulenza on line.

 

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