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Schizofrenia: Note a margine di un caso clinico di psicosi

Partendo da Bleuler, attraverso Minkowsky e a Binswanger, fino ai giorni nostri il concetto di schizofrenia ha subito  varie  definizioni.

La definizione di schizofrenia si è spostata nel corso del secolo scorso da un iniziale disturbo della sfera ontica in un disturbo della sfera ontologica dell’essere umano, ovvero una modificazione delle condizioni di possibilità della sua stessa esistenza.

by Salvatore Blanco

Al di là delle varie teorie sull’eziopatogenesi della psicosi e sui suoi possibili correlati biologici, la trama fondativa dell’esperienza di Anna ci fornisce alcuni stimoli per entrare più profondamente nel mondo ipotetico e possibile del come-se, proposto dalla paziente, attirandoci nelle sue diverse prospettive e ricostruzioni, dal cui sfondo emergono con chiarezza due temi essenziali e fondamentali nella prassi psicoterapeutica: la relazione terapeutica e il significato dei deliri e delle allucinazioni nell’essere-nel-mondo-in-relazione-agli-altri all’interno di un’esperienza definita dalla psicopatologia classica come psicotica. Uno degli aspetti che colpisce di più nell’incontro con la persona psicotica è la rottura della capacità cooperativa, della prassi condivisa del vivere e del consenso nella comunicazione dell’esperienza (Arciero, 2002 2006, 2012), vedi l’assenza della convalidazione consensuale di Sullivan (1974).

Comportando il sentire psicotico una frattura dell’intersoggettività, difficilmente un trattamento psicoterapico riuscirà a superare la fase iniziale se il terapeuta non stabilirà un forte rapporto di affinità con il paziente. Questo rapporto di relatedness, estremamente importante con qualsiasi paziente, indipendentemente dalla categoria diagnostica alla quale appartiene, è fondamentale nel trattamento degli psicotici. Perciò, più rilevante di qualsiasi tecnica, è lo stabilire un atteggiamento di ascolto sincero, un tono emotivo sereno e uno scambio di sentimenti fra terapeuta e paziente.

Parlare della relazione terapeutica come co-costruzione fra terapeuta e paziente è complesso in quanto vi sono delle sfumature non tangibili e indefinite, perciò difficili da descrivere e quasi impossibili da suggerire. Solitamente quando questi pazienti vengono in terapia, si sentono inaccettati e inaccettabili, sospettosi e talmente sfiduciati in ogni contatto interpersonale da cadere nel delirio. Il terapeuta deve far sentire loro che non sono più soli al mondo, che sono accettati come esseri umani e che questa accettazione viene offerta loro incondizionatamente; il terapeuta deve cercare di creare una relazione basata su un’atmosfera di fiducia reciproca e offrire al paziente un rapporto di sicurezza superiore a qualunque altro legame precedente (Sullivan, 1974; Erickson, 1961; Guidano, 1998, 1992).

È inutile fingere di offrire al paziente l’affetto che desidera per compensare quello che non ha mai conosciuto; il terapeuta non può amare tutti i suoi pazienti, come solo le figure di attaccamento possono fare, ma può offrire la fiducia. Alcuni psicoanalisti, a questo proposito, hanno ritenuto che il controtransfert fosse il trattamento più vitale nel trattamento degli psicotici (Arieti, 1974) e fosse necessario per stabilire un’atmosfera di fiducia. Altri autori sostengono che, poiché il terapeuta non può avere simpatia per tutti i pazienti, deve limitarsi a trattare quelli verso i quali ha dei sentimenti positivi, e in cui forse vede un’esagerazione delle proprie problematiche non risolte (Arieti, 1974).

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